Per chi si avvicina al tango, o come spettatore o per imparare a ballare, è molto difficile avvertire le differenze di stile. I gruppi di tango, il tempo (grande maestro!), l’esperienza, le ore passate a ballare in pista, i differenti luoghi di tango visitati, le persone con le quali si balla e i diversi insegnanti coi quali si apprende a ballare, vanno via via arricchendo la propria conoscenza.
Con questa progressiva conoscenza del mondo del tango si affina la capacità di osservare e si comincia ad apprezzare differenze e variazioni che prima non si notavano: gradualmente si comincia a riconoscere una diversità negli stili. Oggi c’è una grande discussione sugli stili del tango.
Il problema delle discussione fanatiche sugli stili di tango sta nel fatto che a volte sono proprio le persone con meno esperienza a prendere partito in maniera superficiale.
La cosa certa è che il tema non è di vitale importanza per chi è appena agli inizi.
Non si deve fare confusione fra gli stili del tango, intesi come quei modi di ballare il tango che si sono man mano stabilizzati, con lo stile personale che ognuno acquisisce nel ballo. Il proprio stile personale non è influenzato solamente dal maestro con cui si è imparato.
I maestri indicano un cammino, ma esistono altre variabili che influenzano il proprio modo di ballare: personalità, abilità, senso musicale, attitudini, caratteristiche fisiche, sensibilità, gusti, affinità, cultura estetica; questi sono gli aspetti che plasmano non solo lo stile di tango che si balla, ma anche il proprio stile come persona.
E’ difficile raggiungere un proprio stile personale senza essere passati attraverso una esperienza ricca di pratica, di apprendimento, e di frequentazione di milonghe.
Una cosa è imitare lo stile di un maestro, altra cosa è acquisire un proprio stile personale.
Ma lo stile personale si costruisce col tempo e con la esperienza. E’ come la costruzione di una casa: dobbiamo cominciare dalle fondamenta.
Gli abbellimenti, le decorazioni verranno in seguito. Nessuno può collocare i quadri prima di aver costruito le pareti. Per questo sono importanti buone e solide fondamenta.
Dunque, quando si discute di stili o modi codificati di ballare il tango (milonguero, de salon, fantasia, canyengue, etc.) si tende a considerarli come qualcosa di statico, come se da quando si inventò il tango, fossero già stati chiaramente definiti. Così come ogni ballerino costruisce il suo modo di ballare con gli anni, allo stesso modo gli stili che si sono andati codificando non sono stili creati e imbalsamati una volta per sempre. Sono il frutto di laboriose costruzioni di arte popolare collettiva, che si trasformano nel tempo.
In un’epoca in cui prevale il tango da spettacolo, i grandi maestri possono venire da lì. Poi può arrivare il tempo in cui cominciano a fiorire le milonghe e alcuni maestri nascono in questi spazi. A loro volta questi differenti stili si mescolano, si modificano, crescono, si consolidano e allora quello che crediamo essere uno stile autentico dalle origini, in realtà non è che una trasformazione nel tempo e nelle persone, il che non lo fa meno vero.
Sarebbe un bene che le polemiche sugli stili non impoverissero il tango, come accade quando in realtà sono in gioco mercati potenziali o orgogli personali. Sarebbe più proficuo che la discussione sugli stili si sviluppasse per approfondire le conoscenze e per arricchire il tango.
In generale gli stili nascono dalle modificazioni originate dai valori culturali e dalle condizioni sociali degli ambienti dove si balla. Nella tappa di consolidamento del tango, il modo di ballarlo subisce importanti cambiamenti.
José Gobello cita Viejo Tanguero, cronista del quotidiano "Critica de Buenos Aires" che nel 1913 dice:
"In questo quartiere il tango ha subito grandi innovazioni, modificando non solamente le sue figure ma anche la sua elasticità e sinuosità , che furono la caratteristica interessante delle origini. Interpretato da ragazze per la maggior parte italiane, che non si adattavano al movimento che i creoli autentici imprimevano al ballo, a quel tango fu posto il nome di "tango liso". Il cambiamento nel modo di ballare divenne quasi generale e perse l’aspetto originario. Per questo motivo molti di coloro che ballavano in quel quartiere riempivano le scuole di ballo. Tuttavia famosi ballerini, come "el flaco Saul" si identificavano nei due stili e ballavano con la stessa facilità nell’una o l’altra milonga".
Le polemiche di allora non sono le stesse di oggi. Gli stili permangono e, a volte, si modificano. Per esempio, attualmente, le polemiche sui differenti stili non sono legate a ragioni di moralità o di pregiudizi culturali.
Tuttavia gli stili continuano il loro cammino di trasformazione, così come le polemiche continuano, ma il tango vive.
Questo articolo, scritto da Lidia Ferrari, è apparso su "Buenos Aires Tango", anno IV – numero 71 – Buenos Aires, Argentina. Lidia Ferrari, argentina, è psicoanalista, ballerina e studiosa appassionata del tango. La traduzione è di Giuseppe Blanco.