Ernesto Ponzio (el Pibe Ernesto), 1885-1934 nacque a Buenos Aires il 10 luglio 1885, nel quartiere conosciuto come “Tierra del Fuego” collocato fra la Recoleta e l’antico penitenziario (oggi calle Coronel Díaz), poco più che bambino sospese prematuramente i suoi studi di violino per lavorare in cantine e cafè al fine sostenere l’economia familiare malconcia per la morte del padre, anch’egli musicista, di origini napoletane.
Strinse una grande amicizia con i fratelli Savino. In occasione di una visita a casa di quest’ultimi vide la sorella, ancora ragazzina, che dormiva dolcemente. Ne rimase colpito al punto da rivolgersi verso la madre di questa esclamando: "Sig.ra!... Me la preserva?...". Restò fedele all’impegno ed il 9 giugno 1906 sposò la signorina Adele Savino.
Jorge Luis Borges, racconta che ad una sua specifica domanda sulla vicenda rispose con orgoglio: "Certo che sono stato in carcere, signor Borge, però sempre per omicidio!". La vita musicale del “Pibe” si svolse in particolare alla "La Batteria" alla "Mammina"; al "Il Tambito".
Il suo gruppo era formato da Eusebio Aspiazú, chitarrista cieco a cui Ponzio fu moto affezionato e da Vicente Pecci (flauto) detto "Suona". La sala del teatro Nazionale costituì l'ultimo scenario del "Pibe Ernesto" che vi si esibì accompagnato da musicisti veterani quali: il "Bruno" Alcorta (violini), Juan Carlos Bazán (clarinetto); “Suona” Vicente Pecci (flauto), "Yepi", bandoneón, ed il sempre fedele Eusebio Aspiazú (chitarra di undici archi).
Fra i suoi tanghi più famosi: Ataniche e Don Juan oltre a "Don Natalio", ," 18 kilates", "Colpe altrui", "Viso duro", "Trovatore di sobborgo".
ATANICHE (AT-ANI-CHE; Che, ANITA).
"Ataniche” che fu suonata per la prima volta a "Il Tambito." Il CHE finale si dovrebbe tradurre con “uomo”, e starebbe a ricordare l’esclamazione con la quale gli indigeni della regione del RIO DE LA PLATA richiamavano l’attenzione degli spagnoli; un’equivalente dell’odierno “ehi, uomo, guarda!” Il brano è dedicato ad una donna chiamata Anita il cui nome scaturisce dall’acronimo del titolo. Difatti nel gergo di Buenos Aires (lunfardo, mescolanza di portoghese, italiano e spagnolo) è frequente fare l’inversione delle sillabe di alcune parole. Si dice che Anita animasse le notti del “Tambito” e che portasse spesso una collana di piccole campanelle di argento che ne preannunciavano l’arrivo con il loro tintinnio. La milonga starebbe a ricordare questa particolarità Altri raccontano che Ataniche fosse solo un canto popolare ripreso da Roberto Firpo ed Ernesto Ponzio.
IL DON JUAN.
Di seguito il testo del don Juan ed il video con una parte del brano suonato nel film Tango:
DON JUAN Don Juan (El taita del barrio) Tango (02'49") Música: Ernesto Ponzio Letra: Ricardo Podestá 1/31/1955 Buenos Aires.
DON JUAN Don Juan (El taita del barrio) Tango (02'49") Música: Ernesto Ponzio Letra: Ricardo Podestá 1/31/1955 Buenos Aires.
En el tango soy tan taura que cuando hago un doble corte corre la voz por el Norte, si es que me encuentro en el Sud. Y pa bailar la Yuyeta si es que me visto a la moda la gente me dice toda Dios le dé, Dios le dé, vida y salud. Calá, che, calá. Siga el piano, che, dése cuenta usted y después dirá si con este taita podrán por el Norte calá che, qué corte, calá, che, calá. No hay teatro que no conozca pues hasta soy medio artista y luego tengo una vista que hasta dicen que soy luz. Y la forma de mi cuerpo arreglada a mi vestido me hacen mozo muy querido, lo juro, lo juro por esta cruz. Yo soy el taita del barrio, pregúnteselo a cualquiera. No es esta la vez primera en que me han de conocer. Yo vivo por San Cristóbal, me llaman Don Juan Cabello, anóteselo en el cuello y ahí va, y ahí va, así me quieren ver.
La tradizione orale offre due differenti versioni della “illuminazione” artistica del Ponzio. Nel 1935, Asdrubale Nobile riferiva che un pianista, chiamato Sergio "Il Nero", stava improvvisando alcune note al pianoforte nel locale "Mammina", (soprannome della padrona del locale: Concezione Amaya) quando Ponzio, avvicinatosi, ad una sua interruzione, gli domandò: "Non seguitate?." E davanti alla risposta negativa del musicista, egli si sedette allo stesso piano e continuò la melodia. L’altra versione è del violinista Francisco Mastrazzi il quale racconta che un suo fratello – anch’egli musicista – assicurava di essere stato presente quando Ponzio “rubo'” quelle note, non ad un pianista, bensì ad un chitarrista.Tuttavia, il tempo mescola la realtà con la leggenda. Ed effettivamente non si sa quale sia la versione maggiormente credibile.
Perché "Don Juan?" Ponzio - come si dice – intitolò il pezzo inizialmente "Il panciuto", in omaggio all'obeso padrone di un bar che frequentava. Il nome definitivo sorse quando l'autore conobbe un certo Juan Cabello, un uomo della notte di Buenos Aires, lo stesso della lettera che scrisse Ricardo Podestá: Io vivo per San Cristobal mi chiamano Don Juan Cabello... "Il Pibe" avrebbe conosciuto Capello al "Il Tambito" altri all’Hansen." La cosa certa è che il tango divenne popolare intorno al 1900 in quest’ultimo posto. Nel 1912, Alfredo Eusebio Gobbi scrisse una nuova testo che registrò per la “Columbia” col diverso titolo di "Ragazzi belli."; un terzo testo, di cui si ignora l’esistenza, - sarebbe di Francisco.
La versione più ballata nelle milonghe è sicuramente quella di Carlos Di Sarli.
Perché "Don Juan?" Ponzio - come si dice – intitolò il pezzo inizialmente "Il panciuto", in omaggio all'obeso padrone di un bar che frequentava. Il nome definitivo sorse quando l'autore conobbe un certo Juan Cabello, un uomo della notte di Buenos Aires, lo stesso della lettera che scrisse Ricardo Podestá: Io vivo per San Cristobal mi chiamano Don Juan Cabello... "Il Pibe" avrebbe conosciuto Capello al "Il Tambito" altri all’Hansen." La cosa certa è che il tango divenne popolare intorno al 1900 in quest’ultimo posto. Nel 1912, Alfredo Eusebio Gobbi scrisse una nuova testo che registrò per la “Columbia” col diverso titolo di "Ragazzi belli."; un terzo testo, di cui si ignora l’esistenza, - sarebbe di Francisco.
La versione più ballata nelle milonghe è sicuramente quella di Carlos Di Sarli.
Di seguito puoi ammirare come due grandi coppie di interpreti del tango ballato (Gustavo Naveira y Giselle Anne e ChicoFrumboli y Juana Sepulveda improvvisano sulla versione di Carlos di Sarli che è quella che va per la maggiore nelle milonghe.
Il Don Juan segna una serie di tappe importanti. La versione “instrumental” di Vicente Greco è il primo tango oggetto di registrazione discografica e lo si ascolta anche nel film sonoro inaugurale del cinema argentino: "TANGO", sotto la condirezione musicale del suo autore e di Juan Carlos Bazán. Si tratta del primo film sonoro al mondo (27 aprile 1933). La qualità dell’opera lasciava molto a desiderare dal punto di vista tecnico e anche artistico, ma il primato conquistato nessuno lo poteva negare.
La storia raccontata è quella di una ragazza che per uscire della povertà si lascia trascinare dalle circostanze e finisce in un bordello dove rimpiange di aver rifiutato l’amore semplice di un ragazzo di quartiere, ma il destino volle che il ragazzo diventi un cantate famoso e che la rintracci per riscattarla. Partecipano nella realizzazione diverse orchestre di tango, quella di Ernesto Ponzio rappresentando la guardia vieja, insieme a Fresedo, Maffia e Juan de Dios Filiberto.
La protagonista femminile del film fu l’indimenticabile Tita Merello, archetipo della donna del sobborgo porteño. Insieme alla “Tita di Buenos Aires”, Libertad Lamarque, Azucena Maizanes, Mercedes Simone, Luis Sandrini, Alberto Gómez y Pepe Arias. I dialoghi del film sono del poeta Carlos de la Pua, autore del libro “La crencha engrasada”. Chiacchiero, Alberto Gómez, Sofía Bozán sono tre degli interpreti iniziali dei versi di Podestá. Ma, benché cantato, "Don Juan" ha perdurato strumentalmente come uno dei grandi classici del genere.
La domenica del 21 di ottobre del 1934, Ernesto Ponzio morì. La signora Adela Savino ricorda in questa lettera suo Marito: "Ernesto era uomo, gagliardo e generoso. Facilmente si scorgeva nel suo viso un ampio sorriso. Lo caratterizzava un sentimento di generosità esagerata. Ricordo che frequentemente arrivavano fino a lui musicisti che si trovavano a corto di denaro; se non poteva aiutarli con denaro, cedeva loro qualche spartito che aveva composto, o in mancanza provvedeva a scriverne uno immediatamente davanti al tormentato che balbettava commosse parole di gratitudine. Quando aprimmo il magazzino "Il Pibe" e, poco dopo, "I Paradisi" Ernesto concedeva merce a credito con una tale frequenza che la scatola dei denari finì per ossidarsi."